STEP #24: Una sintesi


Mappa concettuale

La parola scrittura, che definisce l'atto e il prodotto dello scrivere, è un mezzo che permette la trasmissione durevole, attraverso simboli, di qualsiasi tipo di informazione. Il termine assume molteplici significati legati a diversi contesti, non limitatamente alla lingua italiana, ma anche nel resto del mondo.
Partendo dalla sua etimologia - dal latino scriptura, a sua volta proveniente dal verbo scrìbere, che in origine significava "segnare lettere con lo stilo su tavolette incerate" - è impossibile prescindere dalle sue origini e vederla come un atto rivoluzionario: non per niente è convenzione far coincidere l'inizio della storia proprio con la nascita della scrittura.
Di secolo in secolo, di popolo in popolo, è cambiato anche il modo di concepire un mezzo tanto potente: si passa dalla mitologia antica e dal pensiero platonico alla scienza galileiana, per cui "l'universo è un libro scritto a caratteri matematici"; dal filosofo-scrittore Leopardi, dal quale è vista come illusione di felicità, fino all'ermeneutica moderna, ossia l'interpretazione dei testi in relazione all'essenza dell'uomo.
Anche gli strumenti per la scrittura si sono evoluti assieme alla tecnologia e alle esigenze dell'uomo. Ai giorni nostri la crescita è esponenziale e resa ancor più evidente dagli spot pubblicitari, che in pochi decenni sono passati dal mostrare penne a sfera - invenzione di László Bíró - alle tavolette grafiche.
La scrittura chiaramente trova la sua massima espressione nella narrativa e nella poesia - non solo come mezzo ma anche come soggetto - e nelle varie discipline artistichepittura, scultura, e anche cinema - in questo percorso abbiamo anche scritto la sceneggiatura di una serie TV sul tema.
Interviene poi in numerose discipline trasversali, come nella musica o nell'ingegneria informatica, perché non è solo rappresentazione del parlato ma anche trasmissione dell'informazione.
Al giorno d'oggi dimostra tutta la sua utilità come mezzo di comunicazione, come è successo durante la pandemia, nel corso della quale è stato anche istituito il Dantedì, in memoria del sommo poeta.
Nonostante ciò esistono ancora tantissime problematiche legate ad essa: l'analfabetismo e analfabetismo funzionale, sempre in costante crescita; il suo utilizzo scorretto su internet, legato anche al dibattito sull'eticità della scrittura; le difficoltà di comunicazione, dovute all'esistenza di tante lingue e sistemi di scrittura diversi: si è tentata l'introduzione di lingue utopiche universali, che non hanno mai avuto il successo sperato.

Riassumendo, la scrittura è uno strumento fondamentale, che accompagna l'uomo sin dall'inizio della sua storia, e sicuramente, con i dovuti cambiamenti e se si riuscirà a sfruttarne al meglio le potenzialità, continuerà a farlo per molto tempo ancora.

Curiosità - La Valentine della Olivetti


Il progetto della Valentine, una delle macchine per scrivere più famose nel mondo, nasce nel 1969. Ettore Sottsass jr., designer attento ai cambiamenti sociali, da qualche tempo collaboratore dell’azienda Olivetti, immagina questa macchina interamente in plastica, materiale nuovo per l’epoca, e di colore rosso acceso, così da trasformare un oggetto per ufficio in uno strumento informale e accattivante. Malgrado l’insuccesso di vendite, come ricorda lo stesso Sottsass, la Valentine è diventata una icona del design mondiale.

Dalle Teche Rai, un estratto sull'origine della macchina da scrivere Valentine descritta dal suo ideatore Ettore Sottsass:

E' la biro delle macchine portatili
- Ettore Sottsass 

Qui il link all'intervista.

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 Per approfondire:
https://it.wikipedia.org/wiki/Olivetti_Valentine

Curiosità - La punteggiatura


La punteggiatura è un sistema di segni convenzionali impiegato nello scritto per segnalare le relazioni logiche e sintattiche tra le diverse parti della frase, le pause della lettura e rendere più chiaro il significato complessivo del testo.



Nelle antiche Grecia e Roma, era in uso la scriptio continua (cioè scrivere testi senza punteggiatura), che imponeva agli oratori di leggere il testo in anticipo, per poter quindi conoscerne il contenuto e riuscire a mettere enfasi nei punti più importanti.
Nel III secolo a.C. Aristofane, bibliotecario della Biblioteca di Alessandria, suggerì delle annotazioni da porre sui testi per determinarne il ritmo, introducendo delle pause nei testi: il punto, da inserire in tre posizioni diverse (nella parte superiore, media e inferiore di ogni riga: rispettivamente comma, colon e periodus) in base all'intonazione che si voleva dare alla lettura.
La codificazione di Aristofane, tuttavia, cadde in disuso, perché tendenzialmente i romani preferivano pronunciare i discorsi “dal vivo”, invece che leggere un testo davanti al pubblico.

Secoli dopo, gli scribi e i copisti cristiani portarono l’arte di scrivere ad un livello superiore: per cercare di salvaguardare il significato originale del testo copiato, era fondamentale usare la punteggiatura. Nel VI sec., Sant’Isidoro di Siviglia non soltanto riprese il sistema creato da Aristofane, ma lo ampliò introducendo anche dei segni aggiuntivi per indicare la durata della pausa.
Queste modifiche sono descritte nella prima parte della sua opera "Etymologiae", interamente dedicata alla grammatica.
Il punto inferiore era una pausa breve, il punto medio dava luogo a una pausa media e il punto superiore a una pausa più lunga. Il punto inferiore di Isidoro è diventato la nostra virgola, e il punto superiore equivale al nostro punto fermo.

In seguito la separazione spaziale delle parole fu uniformata dalla tradizione monastica dei copisti, poi comparvero le lettere minuscole quando Carlo Magno attuò l’unificazione dell’alfabeto con lo scopo di rafforzare la nascente formazione universitaria prodotta dall'apertura delle scuole monastiche.
Nel corso del tempo sono stati gradualmente aggiunti altri segni di interpunzione rivelatisi necessari.
È il caso del punto e virgola (punctus versus), preso in prestito dalle partiture del canto gregoriano; del punctus elevatus, corrispondente ai due punti odierni; e dal punctus interrogativos, antecedente del nostro segno di domanda.

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Fonti:

STEP #21bis - L'etica della scrittura online


Ad oggi la parola scritta ha sicuramente molta più risonanza rispetto a qualche decennio fa. Lo sviluppo tecnologico e, soprattutto, l'avvento e la diffusione di Internet hanno reso l'informazione più immediata e a portata di mano per chiunque.
Con la nascita dei social network, poi, si apre per tutti la possibilità di esprimere la propria opinione: bastano pochi clic su una tastiera perché una nostra frase o un commento su checchessia sia a disposizione del mondo intero.
L'estrema semplicità dei mezzi a nostra disposizione non deve però tradursi in altrettanta superficialità nel loro utilizzo.
Coloro che godono di ampia visibilità sui canali social - influencer, politici, personalità dello spettacolo - devono assumersi le proprie responsabilità nel diffondere determinati contenuti, nel fare dichiarazioni, nel sensibilizzare rispetto ad argomenti più seri, con la consapevolezza che ciò che scrivono verrà letto da migliaia, se non milioni, di persone, con tutte le conseguenze che possono derivarne.

Un fenomeno degno di attenzione, inoltre, è senza dubbio il cyberbullismo, una forma di bullismo e molestia condotto attraverso canali telematici: messaggi online violenti o volgari mirati a ferire qualcuno, diffusione pubblica di dati personali e sensibili (doxing), sostituzione di persona e inganno. Si tratta di violenze, le cui conseguenze sono le stesse, se non più gravi, del bullismo tradizionale.
Il fenomeno del cyberbullismo, inoltre, si può considerare strettamente correlato a quello dei cosiddetti "leoni da tastiera":  gli haters, i competitors, coloro che utilizzano i canali Web per screditare gli altri, agevolati dal senso di deresponsabilizzazione dovuto all'uso dell'anonimato.

Illustrazione di Cacaroot

La scrittura deve prestarsi a costruire, con logica e ragionamento, una critica intelligente: non è obbligatorio concordare su qualsiasi cosa si legga o supportare chiunque ma, nel momento in cui si sente la necessità di voler esprimere il proprio disaccordo, bisogna saper esporre un giudizio costruttivo, onesto e supportato da argomentazioni chiare e valide.
Occorre dunque definire un'etica della scrittura online, assumersi la responsabilità nel dire ciò che riteniamo giusto e cosa no, dissentire ma proponendo alternative valide, non fare mai della parola scritta un vile mezzo per i propri fini ma sempre uno strumento di verità.

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Per approfondire:
http://www.toscanalibri.it/it/scritti/il-valore-della-scrittura-al-tempo-dei-social-network_2664.html
https://www.miur.gov.it/bullismo-e-cyberbullismo

STEP #21 - L'etica della letteratura


La scrittura è indubbiamente uno strumento incredibile: ha avuto da sempre un ruolo fondamentale nel dare forma al pensiero, permettendo ad esso di essere propagato, conosciuto e se necessario anche confutato. Attraverso i testi scritti ci sono stati tramandate storie e fonti antiche, usanze e culture di popoli lontani nel tempo. Il valore intrinseco dello scrivere è incommensurabile per l’ evoluzione dell’umanità, per il contenuto che viene diffuso e per la forma con la quale viene diffuso.

La volpe e l'uva,
illustrazione di Milo Winter
Possiamo fare un'analisi etica del valore della scrittura a partire dalle prime forme di testi letterari volte a trasmette un messaggio o un insegnamento: i miti, le favole, le fiabe, che hanno la funzione di suggerire esempi di momenti della vita, trasferiscono ai più piccoli - e non solo - sia una serie di modelli di comportamento, sia i concetti di male e di bene in rapporto agli episodi raccontati. Benché inizialmente si trattasse di una produzione tipicamente orale, presto subentrò la necessità di garantirne la trasmissione da generazione in generazione attraverso al forma scritta.
Anche all'interno delle religioni assumono un ruolo fondamentale: si pensi alle parabole cristiane riportate nella Bibbia, racconti di vita che attraverso allegorie e similitudini rivelano insegnamenti morali e religiosi. 

Si tratta comunque di tipi di racconti prodotti prima dell’avvento delle società di massa; quando il tipo di vita sociale cambia, le produzioni letterarie mutano a loro volta: la fiaba si evolve in un racconto che poi diverrà il romanzo, che conserva la particolarità di rivolgersi al mondo interiore dell’uomo, ma è destinato principalmente ad un pubblico adulto.
E il romanzo non è semplicemente romanzo di evasione, ma si viene ad aprire il dibattito sulla responsabilità morale dello scrittore.
Rousseau - e prima di lui i moralisti francesi del Seicento - criticava i romanzi contemporanei per la loro capacità di seduzione e di coinvolgimento. Ugo Foscolo meditava sulla propria responsabilità di narratore, costatando che la lettura del suo Ortis aveva indotto dei giovani a imitare il protagonista fin nel suicidio. Alessandro Manzoni, invece, scriveva che la letteratura e l’arte dovevano essere considerate nell'ambito delle "scienze morali". Ciò si fonda sulla profonda convinzione della responsabilità morale dello scrittore, la cui parola può avere una grande influenza sull'animo e sul comportamento del lettore. Inoltre per Manzoni la letteratura è morale in quanto è conoscenza del "cuore umano", dove si nasconde la verità.

Ad oggi il dibatto è ancora aperto: si può affermare che non è necessariamente compito dello scrittore indirizzare il pensiero dei lettori; non bisogna strumentalizzare un testo letterario, e neanche cercare di trovare in esso messaggi etici che di fatto non ci sono, venendo meno all'autonomia dello scrivere e alla funzione di svago che offre la letteratura.
Però, se scrivere vuol dire anche osservare, uno scrittore non può distogliere lo sguardo, non può prescindere dal contesto in cui scrive. E la grande funzione che un romanzo può ricoprire è quella di farci vedere ciò che è diverso da noi, nel modo più accessibile per l'uomo perché prodotto dall'uomo stesso, e per questo più che esemplare.

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Per approfondire:

STEP #20 - La poetica leopardiana


L'opera poetica di Giacomo Leopardi si fonda su un sistema di idee continuamente meditate e sviluppate, il cui processo di formazione si può seguire attraverso le migliaia di pagine dello Zibaldone
Al centro della meditazione leopardiana si pone l'infelicità dell'uomo, la cui causa viene individuata nel desiderio del piacere - non un piacere materiale e particolare, ma un piacere infinito, per estensione e per durata - che risulta impossibile da soddisfare. 
Nella prima fase del pensiero del poeta la natura è concepita come madre benigna, che ha voluto offrire un rimedio all'uomo: l'immaginazione e le illusioni, che appagano il suo bisogno di infinito.

Copertina della prima edizione (vol. VI, 1900)
Leopardi elabora dunque la teoria del piacere, secondo cui a stimolare l'immaginazione nel costruire una "realtà parallela" è tutto ciò che è "vago e indefinito".
E a questo punto la teoria filosofica si aggancia alla poesia, che è in grado di rappresentare le immagini e le illusioni:
❝ E tutte queste immagini in poesia sono sempre bellissime, e tanto più quanto negligentemente son messe. 
[...] Quello che ho detto altrove degli effetti della luce, del suono, e d'altre sensazioni circa l'idea dell'infinito, si deve intendere non solo di tali sensazioni nel naturale, ma nelle loro imitazioni ancora, fatte dalla pittura, dalla musica, dalla poesia.
[...] La sola vastità desta nell'anima un senso di piacere, da qualunque sensazione fisica o morale, ella provenga [...]. Tutto ciò può applicarsi alle sensazioni prodotte dalla poesia, o dagli scrittori. ❞
Zibaldone


Il bello poetico, per Leopardi, consiste dunque nel vago e indefinito, e in più queste immagini sono suggestive perché evocano sensazioni che ci hanno affascinati da fanciulli. La rimembranza diviene pertanto essenziale al sentimento poetico: la poesia non è che il recupero della visione immaginosa dalla fanciullezza attraverso la memoria.

Inoltre, Leopardi osserva che i maestri della poesia vaga e indefinita erano gli antichi, che essendo più vicini alla natura erano immaginosi come fanciulli. I moderni, invece, hanno perduto questa capacità a causa della ragione, che li ha allontanati dalla natura: a loro la cosiddetta poesia di immaginazione è ormai preclusa, e non resta che una poesia sentimentale, che nasce dalla consapevolezza dell'infelicità.
Leopardi stesso, nella sua produzione, segue la poetica del vago e indefinito: pur conscio di appartenere all'età moderna, non si rassegna a rinunciare alle illusioni - almeno fino al 1830, quando subentrerà una nuova poetica, più ironica, rassegnata e distaccata.

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Per leggere lo Zibaldone:
http://www.leopardi.it/zibaldone.php

Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Zibaldone
Letteratura, Dal Barocco al Romanticismo, Paravia
Enciclopedia Generale, De Agostini

STEP #19 - Le lingue utopiche


Cos'è una lingua utopica? Si tratta di lingue inventate che si riferiscono, sulla scia dell'Utopia di Tommaso Moro, alle descrizioni di mondi ideali o fantastici. Sono lingue utopiche il "seleniano" ideato da Cyrano de Bergerac nel suo "Stati e Imperi della Luna", le lingue della Terra di Mezzo inventate da J.R.R. Tolkien ne Il Signore degli Anelli, la lingua degli alieni Klingon del ciclo fantascientifico di Star Trek. Se i mondi ideati presentano caratteristiche negative, essi vengono chiamati distopie: abbiamo qui la "neolingua" del romanzo 1984 di George Orwell.

Alfabeto Klingon

In generale viene definito lingua artificiale, o conlang, un
Bandiera conlang, che rappresenta la
Torre di Babele e alle spalle il Sole che sorge
linguaggio di cui la fonologia, la grammatica e il vocabolario, invece di essersi sviluppati naturalmente, sono consapevolmente messi a punto. Sono molteplici i motivi per i quali nascono, non solo per l'uso in opere di finzione. Alcune, le cosiddette lingue ausiliarie, sono costruite appositamente per facilitare comunicazione umana, con l'obbiettivo utopistico di essere utilizzate come lingue internazionali, al di sopra di ogni divisione etnica, politica e religiosa, garantendo comprensione, unione e pace tra i popoli.

Tra queste, la più nota è senza dubbio l'esperanto. A inventarlo fu un ragazzo polacco di quindici anni, Ludwig Lazarus Zamenhof (1859-1917). L’idea di una lingua artificiale parlata da tutti gli venne poiché l’ambiente in cui viveva era molto ricco linguisticamente: si parlava il russo, l’yiddish, il polacco e l’ebraico; si studiavano il francese e il tedesco, il greco e il latino. Coltivando con costanza la sua passione, Zamenhof arrivò a pubblicare la prima grammatica della sua lingua nel 1887. Firmò col nome Doktoro Esperanto («Dottore speranzoso») e da allora la sua invenzione circolò col nome di esperanto.

Verda Stelo - Bandiera dell'esperanto
L’esperanto ha una pronuncia molto semplice, una grammatica chiara e un vocabolario limitato a circa 8.000 parole che si possono combinare tra loro, risultando relativamente facile da apprendere e da usare. Ebbe subito un certo successo e ancora oggi è diffusa in varie nazioni, conta circa due milioni di appassionati e praticanti ed è stata addirittura promossa come materia di studio universitario.
Tra le altre lingue artificiali, ricordiamo l'interlingua, nata attorno al 1951 per opera della International Auxiliary Language Association (IALA) e da molti definita la lingua ausiliaria più comprensibile al mondo, benché sia meno parlata rispetto all'esperanto, e l'ido, sviluppata dalla Delegazione per l'adozione di una lingua ausiliaria internazionale come tentativo di creare una versione più semplice dell'esperanto.
Un altro esempio è il Latino sine flexione, una lingua artificiale inventata nel 1903 dal matematico italiano Giuseppe Peano. Si tratta di una versione semplificata del latino classico, in cui tutte le difficoltà delle declinazioni sono state soppresse. Questo progetto attirò molto l'attenzione, soprattutto grazie alla reputazione dell'autore, ma non conobbe mai un grande successo, e fu molto criticato. Nonostante ciò, Peano pubblicò numerosi testi in questa lingua e la utilizzò per tenere le sue lezioni.

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Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_esperanto
http://www.treccani.it/enciclopedia/lingue-artificiali_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/
https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_artificiale

STEP #18 - L'ermeneutica


L'arte dell'interpretazione, o meglio l'arte di comprendere i testi: così si definisce l'ermeneutica.
Si tratta di una disciplina che nasce autonomamente in ambito religioso, con lo scopo di spiegare e analizzare i testi sacri, ma in seguito diviene oggetto dell'attenzione filosofica e parte di un'indagine più profonda sull'essenza dell'uomo, inserito in una tradizione fatta di parole, monumenti, testi e documenti: insomma, di linguaggio.
In particolare, la tradizione che va dal filosofo Martin Heidegger (1889-1976) al suo allievo Hans-Georg Gadamer (1900-2002) considera l'uomo un essere storico e linguistico, che si trova cioè sempre inserito nel tempo e nel linguaggio, e che non si può considerare l'uno e prescindere dall'altro se si vuole raggiungere un'autentica comprensione.

Hans-Georg Gadamer
Gadamer, considerato il principale rappresentante dell'ermeneutica filosofica, sostiene che, confronto con la tradizione che è caratterizzato sia da estraneità - dovuta alla differenza di epoche e sensibilità tra il lettore e l'autore - che da familiarità, a causa della tradizione storica e linguistica che caratterizza l'uomo e colma la distanza temporale. Tale tradizione coincide con la "storia degli effetti", cioè l'insieme di tutte le interpretazioni che sono state date al testo.
Egli ritiene che la comprensione abbia una struttura circolare - "circolo ermeneutico" - per cui ogni significato particolare viene capito alla luce di un'orizzonte conoscitivo e linguistico più ampio, che ne rimane a sua volta plasmato e modificato, in un processo interpretativo inesauribile.
Dunque il linguaggio viene posto in primo piano, tanto da identificarsi con l'essere: «l'essere, che può venir compreso, è il linguaggio». Le cose, infatti, sono conosciute sullo sfondo di un orizzonte linguistico pre-compreso, pertanto l'interpretazione è il luogo dell'accadere dell'essere.

Paul Ricoeur
Tra gli altri rappresentati dell'ermeneutica, Paul Ricœur (1913-2005) muove dalla critica di Gadamer e arriva ad affermare che il testo scritto è autonomo rispetto al suo autore, in quanto apre un mondo di senso che è oggetto di molteplici interpretazioni da parte del lettore: quest'ultimo deve spiegare il testo attraverso i metodi delle scienze del linguaggio, le competenze tecniche di lettura e di analisi linguistica, ma lo comprende solo in relazione alle proprie esperienze vissute. La lettura del testo scritto è dunque un modello di conoscenza ermeneutica: l'uomo è un essere dialogico che si conosce attraverso il rapporto con gli altri e la verità non è unica e assoluta, ma un compito infinito a cui ciascuno contribuisce.

Jacques Derrida
Un altro importante contributo all'ermeneutica filosofica è dato da Jacques Derrida. Egli parte dalla critica del pensiero filosofico occidentale e in particolare della metafisica, basata sulla presenza e sulla soggettività, alla quale contrappone la scrittura, più aperta e flessibile a causa della differenza spaziale - il testo è scritto prima di essere letto e l'autore non lo può difendere con la sua presenza - e temporale: la scrittura è caratterizzata dal "rinvio" (tra segni, ad altri testi, ad altri contesti) e produce un continuo slittamento di significato che non si dà mai in modo definitivo. La scrittura ammette quindi la pluralità delle interpretazioni e dei punti di vista. A causa di tale pluralità, egli elabora un metodo di decostruzione del linguaggio e del testo scritto, negandone la pretesa di verità attraverso la dissoluzione del suo impianto narrativo e dimostrativo.

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Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Ermeneutica
Domenico Massaro, La Comunicazione Filosofica, Paravia

Curiosità - La semiografia musicale


Per semiografia musicale si intende l’insieme dei segni e dei simboli utilizzati per tradurre la musica in partitura fissando così il suono sulla carta. Essa è il frutto di secoli di studi ed evoluzione musicale, un metodo complesso ed articolato, che racchiude in se tutti i modi necessari per scrivere qualsiasi suono o voce sia frutto di una tecnica musicale.

Le voci che danno vita alla semiografia musicale sono:
  • Il pentagramma (dal greco penta = cinque, gramma = linea) è il rigo sul quale viene scritta la musica ed è composto da cinque linee e quattro spazzi numerati a partire dal basso. Esso serve ad agevolare la lettura delle differenti altezze delle note posizionate sulle righe o negli spazzi e viene letto da sinistra verso destra.
Pentagramma
  • I tagli addizionali sono piccoli frammenti di linea che vengono posizionati sopra e sotto il pentagramma coprendo la funzione di linea momentanea. Il loro utilizzo si rende necessario per tutte quelle note che superano l'estensione di suoni contenibile all'interno del pentagramma.
  • Le chiavi musicali sono il riferimento assoluto grazie al quale siamo in grado di stabilire l’altezza dei suoni e le posizioni delle note sul rigo. Esistono sette chiavi differenti e sono: chiave di violino, chiave di soprano, chiave di mezzosoprano, chiave di contralto, chiave di tenore, chiave di baritono, chiave di basso. Esse costituiscono il Setticlavio, ovvero il modo completo di leggere la musica
  • Per nota si intende il segno grafico che rappresenta l’altezza e la durata del suono. Nell’altezza dei suoni le note prendono i seguenti nomi in ordine crescente: Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si. Esistono molteplici modi di definire le note, infatti nel sistema di scrittura anglosassone e tedesco si usano le lettere al posto delle note. La durata dei suoni si può facilmente distinguere grazie alle differenti parti che compongono le note.

Parti che compongono una nota

Per chiarire meglio la situazione ecco una tabella con i valori e nomi delle note e le loro rispettive pause (le pause sono i simboli che ci danno la durata del silenzio nella musica svolgendo la medesima funzione delle note per il suono, ma senza altezza):

Tabella durata di note e pause

Esistono poi molti altri simboli, come la battuta, le stanghette, i segni di prolungamento, la legatura, il punto di valore.

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Per approfondire:
https://it.wikipedia.org/wiki/Notazione_musicale

Curiosità - La stampa


La tecnologia della stampa, che permette di riprodurre molte copie uguali di un testo scritto, è nata in Cina qualche secolo prima di Cristo e si è diffusa in Europa a partire dalla metà del 15° secolo.
La tecnologia della stampa ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della civiltà umana: ha reso possibile riprodurre rapidamente molte copie identiche di un testo scritto, aumentando in questo modo la circolazione della conoscenza; ha dato a più persone la possibilità di leggere testi di ogni tipo e creato le premesse per la moderna libertà di informazione.
Per millenni, l’unico modo per conservare le conoscenze è stato la scrittura a mano. Il sapere, quindi, era una risorsa a cui solo un numero limitato di persone poteva accedere, col risultato che i libri erano beni rari e costosi.

L’invenzione della stampa è arrivata in Occidente dall’Oriente: i cinesi inventarono un sistema di stampa basato su blocchi di legno, uno per ogni pagina, intagliati e inchiostrati. Sul legno venivano disegnati in rilievo gli ideogrammi e i blocchi venivano poi cosparsi di inchiostro e applicati a pressione su un foglio di carta. Dopo l’anno Mille i Cinesi inventarono un sistema di stampa a caratteri mobili: non veniva intagliata più l’intera pagina su un unico blocco di legno ma si usavano tanti blocchetti, ognuno recante su di sé un solo carattere; in realtà il grande numero di ideogrammi lo rendeva relativamente poco vantaggioso.

La stampa a caratteri mobili
in una xilografia del 1568
Invece fu importantissimo in Europa, dove venne introdotto dal tedesco Johannes Gutenberg a metà del 15° secolo. Il sistema di stampa introdotto da Gutenberg si basava su caratteri mobili realizzati in metallo, che venivano disposti in modo da comporre la pagina che si voleva ottenere.
Questo metodo di stampa si diffuse rapidamente nel resto d’Europa, dove in pochi decenni nacquero molte stamperie: per la prima volta diventava possibile avere numerosissime copie effettivamente identiche di un testo, in tempi relativamente brevi!

La tecnologia della stampa rimase pressoché immutata fino alla fine del 18° secolo, quando venne introdotta la tecnica della litografia, che per prima permise di stampare anche immagini a colori e disegni realizzati a mano. 

Nel corso dei secoli, i sistemi di stampa si sono evoluti, arrivando anche a riprodurre fotografie e illustrazioni e consentendo la produzione quotidiana di giornali in centinaia di migliaia di copie. Oggi poi, grazie alle tecnologie digitali, chiunque può realizzare in casa stampe di livello quasi professionale.

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Fonte:

Curiosità - Perché scrivere? Le ragioni di George Orwell


George Orwell
George Orwell, scrittore di capolavori come 1984 e La fattoria degli animali, pubblicò nel 1946 un piccolo saggio, dal titolo "Perché scrivo" (Why I write), nel quale provò a rispondere a questa domanda, presentando le quattro motivazioni che, secondo lui, spingono a cimentarsi nell'arte della scrittura:
A prescindere dalla necessità di sbarcare il lunario, penso che quattro siano le grandi motivazioni che inducono a scrivere, o perlomeno a scrivere in prosa. Sono presenti in grado diverso nei singoli scrittori, ma anche in uno stesso scrittore le proporzioni varieranno a seconda dell’atmosfera in cui si trova a vivere. ❞ 

  1. Puro e semplice egoismo: ❝ Desiderio di apparire intelligenti, far parlare di noi, farci ricordare dopo morti, rivelarci sugli adulti che ci hanno ignorato durante l’infanzia, eccetera, eccetera. È ipocrita fingere che questa non sia una motivazione, e anche forte. Gli scrittori condividono quest’impulso con gli scienziati, gli artisti, i politici, gli avvocati, i militari, gli uomini d’affari di successo: in breve, con tutti coloro che occupano le posizioni più elevate.
  2. Entusiasmo estetico: La percezione della bellezza del mondo esterno, o anche delle parole e della loro giusta disposizione. Il piacere che si trae dall’impatto tra suoni diversi, dalla solidità di una buona prosa o dal ritmo di una buona storia. Il desiderio di condividere un’esperienza avvertita come inestimabile e imperdibile.
  3. Impulso storico: ❝ Il desiderio di vedere le cose come sono, di scoprire la verità dei fatti e tenerla in serbo per la posterità.
  4. Intento politico: ❝ Il desiderio di spingere il mondo in una determinata direzione, di cambiare l’idea che gli altri hanno del tipo di società cui dovrebbero tendere. Non esiste un libro autenticamente immune da pregiudizi politici. La posizione secondo cui l’arte non dovrebbe aver niente a che fare con la politica è già una posizione politica.
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Fonti:
http://www.cultora.it/4-motivi-cui-orwell-iniziato-scrivere/

STEP #17- Abbecedario


❝ A - alfabeto
   B - Birò
   C - caratteri   
   D - Dante   
   E - espressione   
   F - fantasia   
   G - Gutenberg   
   H - haiku
   I - inchiostro   
   L - linguaggio   
   M - manoscritto   
   N - nota   
   O - opinione   
   P - penna   
   Q - quaderno   
   R - rappresentazione   
   S - storia   
   T - trasmissione   
   U - unicità 
   V - vocabolario 
   Z - Zibaldone