STEP #21bis - L'etica della scrittura online


Ad oggi la parola scritta ha sicuramente molta più risonanza rispetto a qualche decennio fa. Lo sviluppo tecnologico e, soprattutto, l'avvento e la diffusione di Internet hanno reso l'informazione più immediata e a portata di mano per chiunque.
Con la nascita dei social network, poi, si apre per tutti la possibilità di esprimere la propria opinione: bastano pochi clic su una tastiera perché una nostra frase o un commento su checchessia sia a disposizione del mondo intero.
L'estrema semplicità dei mezzi a nostra disposizione non deve però tradursi in altrettanta superficialità nel loro utilizzo.
Coloro che godono di ampia visibilità sui canali social - influencer, politici, personalità dello spettacolo - devono assumersi le proprie responsabilità nel diffondere determinati contenuti, nel fare dichiarazioni, nel sensibilizzare rispetto ad argomenti più seri, con la consapevolezza che ciò che scrivono verrà letto da migliaia, se non milioni, di persone, con tutte le conseguenze che possono derivarne.

Un fenomeno degno di attenzione, inoltre, è senza dubbio il cyberbullismo, una forma di bullismo e molestia condotto attraverso canali telematici: messaggi online violenti o volgari mirati a ferire qualcuno, diffusione pubblica di dati personali e sensibili (doxing), sostituzione di persona e inganno. Si tratta di violenze, le cui conseguenze sono le stesse, se non più gravi, del bullismo tradizionale.
Il fenomeno del cyberbullismo, inoltre, si può considerare strettamente correlato a quello dei cosiddetti "leoni da tastiera":  gli haters, i competitors, coloro che utilizzano i canali Web per screditare gli altri, agevolati dal senso di deresponsabilizzazione dovuto all'uso dell'anonimato.

Illustrazione di Cacaroot

La scrittura deve prestarsi a costruire, con logica e ragionamento, una critica intelligente: non è obbligatorio concordare su qualsiasi cosa si legga o supportare chiunque ma, nel momento in cui si sente la necessità di voler esprimere il proprio disaccordo, bisogna saper esporre un giudizio costruttivo, onesto e supportato da argomentazioni chiare e valide.
Occorre dunque definire un'etica della scrittura online, assumersi la responsabilità nel dire ciò che riteniamo giusto e cosa no, dissentire ma proponendo alternative valide, non fare mai della parola scritta un vile mezzo per i propri fini ma sempre uno strumento di verità.

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Per approfondire:
http://www.toscanalibri.it/it/scritti/il-valore-della-scrittura-al-tempo-dei-social-network_2664.html
https://www.miur.gov.it/bullismo-e-cyberbullismo

STEP #21 - L'etica della letteratura


La scrittura è indubbiamente uno strumento incredibile: ha avuto da sempre un ruolo fondamentale nel dare forma al pensiero, permettendo ad esso di essere propagato, conosciuto e se necessario anche confutato. Attraverso i testi scritti ci sono stati tramandate storie e fonti antiche, usanze e culture di popoli lontani nel tempo. Il valore intrinseco dello scrivere è incommensurabile per l’ evoluzione dell’umanità, per il contenuto che viene diffuso e per la forma con la quale viene diffuso.

La volpe e l'uva,
illustrazione di Milo Winter
Possiamo fare un'analisi etica del valore della scrittura a partire dalle prime forme di testi letterari volte a trasmette un messaggio o un insegnamento: i miti, le favole, le fiabe, che hanno la funzione di suggerire esempi di momenti della vita, trasferiscono ai più piccoli - e non solo - sia una serie di modelli di comportamento, sia i concetti di male e di bene in rapporto agli episodi raccontati. Benché inizialmente si trattasse di una produzione tipicamente orale, presto subentrò la necessità di garantirne la trasmissione da generazione in generazione attraverso al forma scritta.
Anche all'interno delle religioni assumono un ruolo fondamentale: si pensi alle parabole cristiane riportate nella Bibbia, racconti di vita che attraverso allegorie e similitudini rivelano insegnamenti morali e religiosi. 

Si tratta comunque di tipi di racconti prodotti prima dell’avvento delle società di massa; quando il tipo di vita sociale cambia, le produzioni letterarie mutano a loro volta: la fiaba si evolve in un racconto che poi diverrà il romanzo, che conserva la particolarità di rivolgersi al mondo interiore dell’uomo, ma è destinato principalmente ad un pubblico adulto.
E il romanzo non è semplicemente romanzo di evasione, ma si viene ad aprire il dibattito sulla responsabilità morale dello scrittore.
Rousseau - e prima di lui i moralisti francesi del Seicento - criticava i romanzi contemporanei per la loro capacità di seduzione e di coinvolgimento. Ugo Foscolo meditava sulla propria responsabilità di narratore, costatando che la lettura del suo Ortis aveva indotto dei giovani a imitare il protagonista fin nel suicidio. Alessandro Manzoni, invece, scriveva che la letteratura e l’arte dovevano essere considerate nell'ambito delle "scienze morali". Ciò si fonda sulla profonda convinzione della responsabilità morale dello scrittore, la cui parola può avere una grande influenza sull'animo e sul comportamento del lettore. Inoltre per Manzoni la letteratura è morale in quanto è conoscenza del "cuore umano", dove si nasconde la verità.

Ad oggi il dibatto è ancora aperto: si può affermare che non è necessariamente compito dello scrittore indirizzare il pensiero dei lettori; non bisogna strumentalizzare un testo letterario, e neanche cercare di trovare in esso messaggi etici che di fatto non ci sono, venendo meno all'autonomia dello scrivere e alla funzione di svago che offre la letteratura.
Però, se scrivere vuol dire anche osservare, uno scrittore non può distogliere lo sguardo, non può prescindere dal contesto in cui scrive. E la grande funzione che un romanzo può ricoprire è quella di farci vedere ciò che è diverso da noi, nel modo più accessibile per l'uomo perché prodotto dall'uomo stesso, e per questo più che esemplare.

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Per approfondire:

STEP #20 - La poetica leopardiana


L'opera poetica di Giacomo Leopardi si fonda su un sistema di idee continuamente meditate e sviluppate, il cui processo di formazione si può seguire attraverso le migliaia di pagine dello Zibaldone
Al centro della meditazione leopardiana si pone l'infelicità dell'uomo, la cui causa viene individuata nel desiderio del piacere - non un piacere materiale e particolare, ma un piacere infinito, per estensione e per durata - che risulta impossibile da soddisfare. 
Nella prima fase del pensiero del poeta la natura è concepita come madre benigna, che ha voluto offrire un rimedio all'uomo: l'immaginazione e le illusioni, che appagano il suo bisogno di infinito.

Copertina della prima edizione (vol. VI, 1900)
Leopardi elabora dunque la teoria del piacere, secondo cui a stimolare l'immaginazione nel costruire una "realtà parallela" è tutto ciò che è "vago e indefinito".
E a questo punto la teoria filosofica si aggancia alla poesia, che è in grado di rappresentare le immagini e le illusioni:
❝ E tutte queste immagini in poesia sono sempre bellissime, e tanto più quanto negligentemente son messe. 
[...] Quello che ho detto altrove degli effetti della luce, del suono, e d'altre sensazioni circa l'idea dell'infinito, si deve intendere non solo di tali sensazioni nel naturale, ma nelle loro imitazioni ancora, fatte dalla pittura, dalla musica, dalla poesia.
[...] La sola vastità desta nell'anima un senso di piacere, da qualunque sensazione fisica o morale, ella provenga [...]. Tutto ciò può applicarsi alle sensazioni prodotte dalla poesia, o dagli scrittori. ❞
Zibaldone


Il bello poetico, per Leopardi, consiste dunque nel vago e indefinito, e in più queste immagini sono suggestive perché evocano sensazioni che ci hanno affascinati da fanciulli. La rimembranza diviene pertanto essenziale al sentimento poetico: la poesia non è che il recupero della visione immaginosa dalla fanciullezza attraverso la memoria.

Inoltre, Leopardi osserva che i maestri della poesia vaga e indefinita erano gli antichi, che essendo più vicini alla natura erano immaginosi come fanciulli. I moderni, invece, hanno perduto questa capacità a causa della ragione, che li ha allontanati dalla natura: a loro la cosiddetta poesia di immaginazione è ormai preclusa, e non resta che una poesia sentimentale, che nasce dalla consapevolezza dell'infelicità.
Leopardi stesso, nella sua produzione, segue la poetica del vago e indefinito: pur conscio di appartenere all'età moderna, non si rassegna a rinunciare alle illusioni - almeno fino al 1830, quando subentrerà una nuova poetica, più ironica, rassegnata e distaccata.

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Per leggere lo Zibaldone:
http://www.leopardi.it/zibaldone.php

Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Zibaldone
Letteratura, Dal Barocco al Romanticismo, Paravia
Enciclopedia Generale, De Agostini

STEP #19 - Le lingue utopiche


Cos'è una lingua utopica? Si tratta di lingue inventate che si riferiscono, sulla scia dell'Utopia di Tommaso Moro, alle descrizioni di mondi ideali o fantastici. Sono lingue utopiche il "seleniano" ideato da Cyrano de Bergerac nel suo "Stati e Imperi della Luna", le lingue della Terra di Mezzo inventate da J.R.R. Tolkien ne Il Signore degli Anelli, la lingua degli alieni Klingon del ciclo fantascientifico di Star Trek. Se i mondi ideati presentano caratteristiche negative, essi vengono chiamati distopie: abbiamo qui la "neolingua" del romanzo 1984 di George Orwell.

Alfabeto Klingon

In generale viene definito lingua artificiale, o conlang, un
Bandiera conlang, che rappresenta la
Torre di Babele e alle spalle il Sole che sorge
linguaggio di cui la fonologia, la grammatica e il vocabolario, invece di essersi sviluppati naturalmente, sono consapevolmente messi a punto. Sono molteplici i motivi per i quali nascono, non solo per l'uso in opere di finzione. Alcune, le cosiddette lingue ausiliarie, sono costruite appositamente per facilitare comunicazione umana, con l'obbiettivo utopistico di essere utilizzate come lingue internazionali, al di sopra di ogni divisione etnica, politica e religiosa, garantendo comprensione, unione e pace tra i popoli.

Tra queste, la più nota è senza dubbio l'esperanto. A inventarlo fu un ragazzo polacco di quindici anni, Ludwig Lazarus Zamenhof (1859-1917). L’idea di una lingua artificiale parlata da tutti gli venne poiché l’ambiente in cui viveva era molto ricco linguisticamente: si parlava il russo, l’yiddish, il polacco e l’ebraico; si studiavano il francese e il tedesco, il greco e il latino. Coltivando con costanza la sua passione, Zamenhof arrivò a pubblicare la prima grammatica della sua lingua nel 1887. Firmò col nome Doktoro Esperanto («Dottore speranzoso») e da allora la sua invenzione circolò col nome di esperanto.

Verda Stelo - Bandiera dell'esperanto
L’esperanto ha una pronuncia molto semplice, una grammatica chiara e un vocabolario limitato a circa 8.000 parole che si possono combinare tra loro, risultando relativamente facile da apprendere e da usare. Ebbe subito un certo successo e ancora oggi è diffusa in varie nazioni, conta circa due milioni di appassionati e praticanti ed è stata addirittura promossa come materia di studio universitario.
Tra le altre lingue artificiali, ricordiamo l'interlingua, nata attorno al 1951 per opera della International Auxiliary Language Association (IALA) e da molti definita la lingua ausiliaria più comprensibile al mondo, benché sia meno parlata rispetto all'esperanto, e l'ido, sviluppata dalla Delegazione per l'adozione di una lingua ausiliaria internazionale come tentativo di creare una versione più semplice dell'esperanto.
Un altro esempio è il Latino sine flexione, una lingua artificiale inventata nel 1903 dal matematico italiano Giuseppe Peano. Si tratta di una versione semplificata del latino classico, in cui tutte le difficoltà delle declinazioni sono state soppresse. Questo progetto attirò molto l'attenzione, soprattutto grazie alla reputazione dell'autore, ma non conobbe mai un grande successo, e fu molto criticato. Nonostante ciò, Peano pubblicò numerosi testi in questa lingua e la utilizzò per tenere le sue lezioni.

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Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_esperanto
http://www.treccani.it/enciclopedia/lingue-artificiali_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/
https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_artificiale

STEP #18 - L'ermeneutica


L'arte dell'interpretazione, o meglio l'arte di comprendere i testi: così si definisce l'ermeneutica.
Si tratta di una disciplina che nasce autonomamente in ambito religioso, con lo scopo di spiegare e analizzare i testi sacri, ma in seguito diviene oggetto dell'attenzione filosofica e parte di un'indagine più profonda sull'essenza dell'uomo, inserito in una tradizione fatta di parole, monumenti, testi e documenti: insomma, di linguaggio.
In particolare, la tradizione che va dal filosofo Martin Heidegger (1889-1976) al suo allievo Hans-Georg Gadamer (1900-2002) considera l'uomo un essere storico e linguistico, che si trova cioè sempre inserito nel tempo e nel linguaggio, e che non si può considerare l'uno e prescindere dall'altro se si vuole raggiungere un'autentica comprensione.

Hans-Georg Gadamer
Gadamer, considerato il principale rappresentante dell'ermeneutica filosofica, sostiene che, confronto con la tradizione che è caratterizzato sia da estraneità - dovuta alla differenza di epoche e sensibilità tra il lettore e l'autore - che da familiarità, a causa della tradizione storica e linguistica che caratterizza l'uomo e colma la distanza temporale. Tale tradizione coincide con la "storia degli effetti", cioè l'insieme di tutte le interpretazioni che sono state date al testo.
Egli ritiene che la comprensione abbia una struttura circolare - "circolo ermeneutico" - per cui ogni significato particolare viene capito alla luce di un'orizzonte conoscitivo e linguistico più ampio, che ne rimane a sua volta plasmato e modificato, in un processo interpretativo inesauribile.
Dunque il linguaggio viene posto in primo piano, tanto da identificarsi con l'essere: «l'essere, che può venir compreso, è il linguaggio». Le cose, infatti, sono conosciute sullo sfondo di un orizzonte linguistico pre-compreso, pertanto l'interpretazione è il luogo dell'accadere dell'essere.

Paul Ricoeur
Tra gli altri rappresentati dell'ermeneutica, Paul Ricœur (1913-2005) muove dalla critica di Gadamer e arriva ad affermare che il testo scritto è autonomo rispetto al suo autore, in quanto apre un mondo di senso che è oggetto di molteplici interpretazioni da parte del lettore: quest'ultimo deve spiegare il testo attraverso i metodi delle scienze del linguaggio, le competenze tecniche di lettura e di analisi linguistica, ma lo comprende solo in relazione alle proprie esperienze vissute. La lettura del testo scritto è dunque un modello di conoscenza ermeneutica: l'uomo è un essere dialogico che si conosce attraverso il rapporto con gli altri e la verità non è unica e assoluta, ma un compito infinito a cui ciascuno contribuisce.

Jacques Derrida
Un altro importante contributo all'ermeneutica filosofica è dato da Jacques Derrida. Egli parte dalla critica del pensiero filosofico occidentale e in particolare della metafisica, basata sulla presenza e sulla soggettività, alla quale contrappone la scrittura, più aperta e flessibile a causa della differenza spaziale - il testo è scritto prima di essere letto e l'autore non lo può difendere con la sua presenza - e temporale: la scrittura è caratterizzata dal "rinvio" (tra segni, ad altri testi, ad altri contesti) e produce un continuo slittamento di significato che non si dà mai in modo definitivo. La scrittura ammette quindi la pluralità delle interpretazioni e dei punti di vista. A causa di tale pluralità, egli elabora un metodo di decostruzione del linguaggio e del testo scritto, negandone la pretesa di verità attraverso la dissoluzione del suo impianto narrativo e dimostrativo.

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Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Ermeneutica
Domenico Massaro, La Comunicazione Filosofica, Paravia

Curiosità - La semiografia musicale


Per semiografia musicale si intende l’insieme dei segni e dei simboli utilizzati per tradurre la musica in partitura fissando così il suono sulla carta. Essa è il frutto di secoli di studi ed evoluzione musicale, un metodo complesso ed articolato, che racchiude in se tutti i modi necessari per scrivere qualsiasi suono o voce sia frutto di una tecnica musicale.

Le voci che danno vita alla semiografia musicale sono:
  • Il pentagramma (dal greco penta = cinque, gramma = linea) è il rigo sul quale viene scritta la musica ed è composto da cinque linee e quattro spazzi numerati a partire dal basso. Esso serve ad agevolare la lettura delle differenti altezze delle note posizionate sulle righe o negli spazzi e viene letto da sinistra verso destra.
Pentagramma
  • I tagli addizionali sono piccoli frammenti di linea che vengono posizionati sopra e sotto il pentagramma coprendo la funzione di linea momentanea. Il loro utilizzo si rende necessario per tutte quelle note che superano l'estensione di suoni contenibile all'interno del pentagramma.
  • Le chiavi musicali sono il riferimento assoluto grazie al quale siamo in grado di stabilire l’altezza dei suoni e le posizioni delle note sul rigo. Esistono sette chiavi differenti e sono: chiave di violino, chiave di soprano, chiave di mezzosoprano, chiave di contralto, chiave di tenore, chiave di baritono, chiave di basso. Esse costituiscono il Setticlavio, ovvero il modo completo di leggere la musica
  • Per nota si intende il segno grafico che rappresenta l’altezza e la durata del suono. Nell’altezza dei suoni le note prendono i seguenti nomi in ordine crescente: Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si. Esistono molteplici modi di definire le note, infatti nel sistema di scrittura anglosassone e tedesco si usano le lettere al posto delle note. La durata dei suoni si può facilmente distinguere grazie alle differenti parti che compongono le note.

Parti che compongono una nota

Per chiarire meglio la situazione ecco una tabella con i valori e nomi delle note e le loro rispettive pause (le pause sono i simboli che ci danno la durata del silenzio nella musica svolgendo la medesima funzione delle note per il suono, ma senza altezza):

Tabella durata di note e pause

Esistono poi molti altri simboli, come la battuta, le stanghette, i segni di prolungamento, la legatura, il punto di valore.

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Per approfondire:
https://it.wikipedia.org/wiki/Notazione_musicale

Curiosità - La stampa


La tecnologia della stampa, che permette di riprodurre molte copie uguali di un testo scritto, è nata in Cina qualche secolo prima di Cristo e si è diffusa in Europa a partire dalla metà del 15° secolo.
La tecnologia della stampa ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della civiltà umana: ha reso possibile riprodurre rapidamente molte copie identiche di un testo scritto, aumentando in questo modo la circolazione della conoscenza; ha dato a più persone la possibilità di leggere testi di ogni tipo e creato le premesse per la moderna libertà di informazione.
Per millenni, l’unico modo per conservare le conoscenze è stato la scrittura a mano. Il sapere, quindi, era una risorsa a cui solo un numero limitato di persone poteva accedere, col risultato che i libri erano beni rari e costosi.

L’invenzione della stampa è arrivata in Occidente dall’Oriente: i cinesi inventarono un sistema di stampa basato su blocchi di legno, uno per ogni pagina, intagliati e inchiostrati. Sul legno venivano disegnati in rilievo gli ideogrammi e i blocchi venivano poi cosparsi di inchiostro e applicati a pressione su un foglio di carta. Dopo l’anno Mille i Cinesi inventarono un sistema di stampa a caratteri mobili: non veniva intagliata più l’intera pagina su un unico blocco di legno ma si usavano tanti blocchetti, ognuno recante su di sé un solo carattere; in realtà il grande numero di ideogrammi lo rendeva relativamente poco vantaggioso.

La stampa a caratteri mobili
in una xilografia del 1568
Invece fu importantissimo in Europa, dove venne introdotto dal tedesco Johannes Gutenberg a metà del 15° secolo. Il sistema di stampa introdotto da Gutenberg si basava su caratteri mobili realizzati in metallo, che venivano disposti in modo da comporre la pagina che si voleva ottenere.
Questo metodo di stampa si diffuse rapidamente nel resto d’Europa, dove in pochi decenni nacquero molte stamperie: per la prima volta diventava possibile avere numerosissime copie effettivamente identiche di un testo, in tempi relativamente brevi!

La tecnologia della stampa rimase pressoché immutata fino alla fine del 18° secolo, quando venne introdotta la tecnica della litografia, che per prima permise di stampare anche immagini a colori e disegni realizzati a mano. 

Nel corso dei secoli, i sistemi di stampa si sono evoluti, arrivando anche a riprodurre fotografie e illustrazioni e consentendo la produzione quotidiana di giornali in centinaia di migliaia di copie. Oggi poi, grazie alle tecnologie digitali, chiunque può realizzare in casa stampe di livello quasi professionale.

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Fonte:

Curiosità - Perché scrivere? Le ragioni di George Orwell


George Orwell
George Orwell, scrittore di capolavori come 1984 e La fattoria degli animali, pubblicò nel 1946 un piccolo saggio, dal titolo "Perché scrivo" (Why I write), nel quale provò a rispondere a questa domanda, presentando le quattro motivazioni che, secondo lui, spingono a cimentarsi nell'arte della scrittura:
A prescindere dalla necessità di sbarcare il lunario, penso che quattro siano le grandi motivazioni che inducono a scrivere, o perlomeno a scrivere in prosa. Sono presenti in grado diverso nei singoli scrittori, ma anche in uno stesso scrittore le proporzioni varieranno a seconda dell’atmosfera in cui si trova a vivere. ❞ 

  1. Puro e semplice egoismo: ❝ Desiderio di apparire intelligenti, far parlare di noi, farci ricordare dopo morti, rivelarci sugli adulti che ci hanno ignorato durante l’infanzia, eccetera, eccetera. È ipocrita fingere che questa non sia una motivazione, e anche forte. Gli scrittori condividono quest’impulso con gli scienziati, gli artisti, i politici, gli avvocati, i militari, gli uomini d’affari di successo: in breve, con tutti coloro che occupano le posizioni più elevate.
  2. Entusiasmo estetico: La percezione della bellezza del mondo esterno, o anche delle parole e della loro giusta disposizione. Il piacere che si trae dall’impatto tra suoni diversi, dalla solidità di una buona prosa o dal ritmo di una buona storia. Il desiderio di condividere un’esperienza avvertita come inestimabile e imperdibile.
  3. Impulso storico: ❝ Il desiderio di vedere le cose come sono, di scoprire la verità dei fatti e tenerla in serbo per la posterità.
  4. Intento politico: ❝ Il desiderio di spingere il mondo in una determinata direzione, di cambiare l’idea che gli altri hanno del tipo di società cui dovrebbero tendere. Non esiste un libro autenticamente immune da pregiudizi politici. La posizione secondo cui l’arte non dovrebbe aver niente a che fare con la politica è già una posizione politica.
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Fonti:
http://www.cultora.it/4-motivi-cui-orwell-iniziato-scrivere/

STEP #17- Abbecedario


❝ A - alfabeto
   B - Birò
   C - caratteri   
   D - Dante   
   E - espressione   
   F - fantasia   
   G - Gutenberg   
   H - haiku
   I - inchiostro   
   L - linguaggio   
   M - manoscritto   
   N - nota   
   O - opinione   
   P - penna   
   Q - quaderno   
   R - rappresentazione   
   S - storia   
   T - trasmissione   
   U - unicità 
   V - vocabolario 
   Z - Zibaldone 

STEP #16 - Testimonial della scrittura: László Bíró


Tra i tanti personaggi della storia che hanno contribuito all'evoluzione della scrittura, László József Bíró (1899 - 1985), giornalista e inventore ungherese, può esserne considerato protagonista, in quanto famoso per aver ideato la penna a sfera che porta il suo nome.

László József Bíró
Nella sua giovinezza, Birò cambiò spesso mestiere. Negli anni Venti e Trenta fece, tra le altre cose, il pilota di automobili, il doganiere, l’agente di borsa, il pittore, lo scultore e il giornalista. Nel tempo libero si dedicava a progettare e a costruire diversi apparecchi, spesso con l’aiuto del fratello György, un chimico.

L'intensa attività giornalistica di Bíró lo indusse presto a ricercare uno strumento per scrivere che fosse più efficace della penna stilografica. Quest'ultima, pur essendo molto diffusa all'epoca, presentava diversi svantaggi: l'inchiostro macchiava frequentemente i fogli, necessitava lunghi tempi di asciugatura e andava ricaricata spesso. Bírò provò a sostituire il tipo di inchiostro con quello usato nelle rotative che stampavano i giornali, che si asciugava molto più in fretta; tuttavia, essendo questo molto viscoso, rendeva la scrittura difficoltosa e poco fluida.

Pubblicità della Birome sulla rivista argentina
Leoplàn (1945)
Si dice che l’idea della penna con la punta a sfera gli sia venuta osservando alcuni bambini che giocavano a biglie: le sfere, uscite dalle pozzanghere, lasciavano al suolo una striscia umida e regolare.
Insieme al fratello, che in quanto chimico si concentrò sull'inchiostro, Birò mise a punto una piccola sfera di acciaio da inserire nelle penne all'estremità del tubo di inchiostro, che ruotando trasferiva il colore sulla carta. L'invenzione della penna a sfera, che ancora chiamiamo "biro" in suo onore, fu brevettata nel 1938.
Furono prodotti circa 30 mila esemplari di penne biro, che vennero acquistati dal Regno Unito per navigatori e piloti d'aeroplano: ad alta quota infatti la biro era uno strumento migliore della stilografica, perché l’inchiostro non usciva dal tubo in cui era chiuso.

Nel 1945 la società di Bíró mise in commercio in Argentina (dove nel frattempo era emigrato) le sue penne a sfera con il nome di Birome: ancora oggi è così che viene chiamata la penna biro in Argentina.
La penna tuttavia aveva alti costi di produzione e quindi un prezzo troppo elevato per il grande pubblico, perciò alla fine il brevetto fu venduto all'imprenditore francese Marcel Bich. Egli, usando materiali meno costosi, riuscì ad abbattere i costi del 90% e a farne un successo planetario, con il nome di "Bic Cristal" e al prezzo popolare di soli 50 centesimi di franco.

Per approfondire sul funzionamento della penna a sfera rimando ad un altro post del blog: Come funziona la penna a sfera?

La sfera nella punta di una penna a inchiostro blu
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STEP#15 - Di fronte ai limiti: analfabetismo e analfabetismo funzionale


Unicef: studenti seguono una lezione in Sudan
Si definisce analfabetismo la condizione di chi è incapace di leggere e scrivere, dovuta per lo più a una mancata istruzione o a una pratica insufficiente. La sua maggiore o minore diffusione è difficilmente rilevabile statisticamente, data la mancanza di unicità di criteri per le rilevazioni; in ogni caso si presenta tuttora con i caratteri di un fenomeno di massa nei paesi meno sviluppati: si calcola che il fenomeno interesserebbe ancora circa 770 milioni di persone.
Nei paesi più sviluppati, invece, le percentuali di analfabeti ancora rilevate mostrano trattarsi di un fenomeno essenzialmente residuale. Dal censimento del 2001 è risultato che in Italia gli analfabeti al di sopra dei 6 anni di età erano l'1,5%, rispetto al 2,1% del 1991. (Treccani: analfabetismo)

Ricordiamo che nel 1947, in Italia, fu fondata L’Unione nazionale lotta all’analfabetismo (Unla) per fronteggiare l’incapacità del 13% di italiani – dati del censimento 1951, probabilmente sottostimati – di saper leggere e scrivere. Nacquero centri per l’educazione, dove si tenevano lezioni e corsi serali per analfabeti; si assisteva a Non è mai troppo tardi, il programma televisivo condotto dal 1960 da Alberto Manzi.

Dati dello Human Development Report
Nonostante l'apparente miglioramento, però, è imprudente considerare il problema sconfitto. Si evidenzia sempre più ampiamente, infatti, un nuovo limite che nasce dallo sviluppo, una forma diversa, detta analfabetismo funzionale: secondo la definizione del rapporto Piaac-Ocse, l'incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana, malgrado le conoscenze di base possedute.
Secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology, solo in Europa questa categoria di persone ammonterebbe a circa 80 milioni di individui. Secondo lo Human Development Report 2009 - Rapporto sullo sviluppo umano del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo - la concentrazione più bassa si registra in Svezia (7,5%), mentre quella più alta è in Italia (47%). Tra le cause, incide sicuramente il background familiare, ma anche il fatto che, in Italia, i rendimenti economici per chi si laurea sono inferiori alla media europea e il possesso di una laurea riduce meno che altrove il rischio di essere disoccupati.

Uno studio intitolato Literacy at Work, pubblicato dal Northeast Institute nel 2001, ha rilevato che le relative perdite economiche, causate da bassa produttività, errori e incidenti riconducibili all'analfabetismo funzionale, ammontano a miliardi di dollari all'anno.

Curiosità - La scrittura come arte dello spossessamento


Marc Augè
❝ Scriviamo per essere letti almeno da un lettore e il lettore è parte di ciò che scriviamo in quanto assimila i nostri scritti. In fondo, il meglio che ogni scrittore può augurarsi è che il lettore si appropri di ciò che abbiamo scritto e questa è una espropriazione del nostro testo. ❞
- Marc Augé

Per Rai Cultura, l'antropologo Marc Augé parla dell'espropriazione del testo da parte del lettore.
🙶 L’antropologo Marc Augé, già directeur d’études presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, intervistato al Festival della Filosofia di Modena 2017, Le forme del creare, parla del tema della sua lezione magistrale La scrittura come arte dello spossessamento. Augé inizia chiedendosi cos’è la scrittura e perché scriviamo.
È un’immagine che fa da contraltare a quella del possesso, della musa che ci ispira e ci possiede. Di fatto, quando scriviamo qualcosa – del resto spesso è qualcosa di autobiografico – ci liberiamo del nostro testo che inizia a navigare da solo e va incontro ai lettori che se ne appropriano. Roland Barthes diceva che l’autore scompare. Il desiderio di ogni autore è che il proprio testo venga letto e che gli altri se ne approprino.🙷
Qui il link per l'intervista.

Curiosità - Gli strumenti per scrivere


Dalla pietra al tablet
🙶 C’era il tempo in cui amanuensi d’infinita pazienza si armavano di pergamena, penna d’oca e

Dalla biro si passò alla macchina da scrivere, strumento meccanico dapprima pesantissimo, poi più leggero. E lo scrivere si fece più veloce, anche se rumoroso. Il tic tic dei tasti che colpivano la carta attorno al rullo accompagnava lo scrittore di gialli, il giornalista, la dattilografa. Il secco schianto del rullo, poi, che veniva riportato alla sua posizione originaria, imponeva una pausa nell’azione, quasi a scandire i tempi della creazione.

Il progresso tecnologico portò alla realizzazione di calcolatori elettronici, meglio conosciuti come personal computer. E pian piano la macchina da scrivere andò in pensione. Il ticchettio dei tasti fu sostituito da un suono simile, più ovattato, col rumore della ventola di raffreddamento come sottofondo. Le pause sono ora scandite dal salvataggio del documento. Il foglio di carta ha mantenuto soltanto il suo colore, il bianco, ma adesso è un foglio elettronico, non sgualcisce, non si deteriora. Gli errori possono essere cancellati senza che nel foglio ne resti traccia, senza il rischio di bucarlo come un tempo con la gomma. 🙷
inchiostro e, curvi sullo scrittoio, creavano vere e proprie opere d’arte. Poi fu inventata la biro, la pergamena fu sostituita da carta sbiancata e più leggera e scrivere, almeno come azione, divenne più facile.

(Estratto da Pennablu: gli strumenti per scrivere)

STEP #14 - Il Dantedì


In vista delle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri (1265-1321) nel 2021, è stato istituito dal Governo, su proposta del Ministero per i Beni e le attività culturali, il Dantedì nella data 25 marzo, considerata da dantisti e studiosi il giorno dell’anno in cui inizia il viaggio nell'aldilà della Divina Commedia.
Il 25 marzo 2020 dunque, in Italia e nel mondo, è stata celebrata per la prima volta una giornata interamente dedicata al sommo Poeta, considerato il padre della lingua italiana ed è uno dei pilastri della letteratura mondiale di tutti i tempi.

Domenico di Michelino, Dante ed i tre regni, 1465, Firenze, Santa Maria del Fiore.
A causa dell'emergenza coronavirus, tutte le celebrazioni previste hanno assunto forma virtuale: sul canale YouTube del Mibact (Ministero per i Beni e le attività culturali) è stato trasmesso un filmato celebrativo realizzato appositamente per la giornata, con letture di estratti della Divina Commedia e interventi da parte di studiosi, professori e linguisti.



Letture in streaming, performance e altre iniziative hanno caratterizzato tutta la giornata, all'insegna degli hashtag ufficiali #Dantedì e #IoleggoDante.
L’Accademia della Crusca, su iniziativa del presidente onorario Sabatini, ha invitato tutti gli italiani a partecipare ad un flashmob dalla finestra di casa per leggere l’incipit della Commedia e ha pubblicato sul suo canale YouTube le letture di oltre 50 tra accademici e personalità della cultura e dello spettacolo (ecco il link alla playlist sul canale).

Al Dantedì hanno preso parte anche Rai e Rai Teche con l’iniziativa Dante per un giorno: le principali reti televisive hanno mandato in onda pillole d’archivio di grandi attori che leggono passi dalla Commedia, da Vittorio Gassman a Roberto Benigni, con un’inedita Samantha Cristoforetti. 
Sulla pagina web https://www.raicultura.it/speciali/dantedi/ è possibile non solo rivedere molti degli interventi trasmessi, ma anche trovare documentari, film e approfondimenti sul sommo Poeta.

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Per approfondire:

STEP #13 - Scrittura e Ingegneria informatica e del software


Nell'ambito dell'ingegneria e delle scienze informatiche, la scrittura interviene nella programmazione e nella codifica di algoritmi scritti in un certo linguaggio di programmazione di alto livello, che viene tradotto dal compilatore in linguaggio macchina in modo che possa essere eseguito dal calcolatore.
Esempio di codice sorgente
scritto in linguaggio Java

Programmare in un dato linguaggio di programmazione significa scrivere un semplice file di testo ASCII, chiamato codice sorgente, che esprime l'algoritmo del programma usando lessico e sintassi del particolare linguaggio scelto. I programmatori usano degli appositi editor di testo; se un dato editor lavora anche con gli altri strumenti (compilatore, linker, interprete ecc.) allora si parla di IDE o ambiente di sviluppo integrato.
Per essere eseguito dal processore, il codice sorgente deve essere tradotto in linguaggio macchina, ossia il linguaggio in cui opera la macchina a livello fisico, e questo è possibile attraverso due possibili tecniche: la compilazione e l'interpretazione.

Tipicamente la scrittura del codice è una parte dell'intera fase di sviluppo (progettazione, realizzazione e testing) di un software, gestita in tutti i suoi aspetti tramite conoscenze dell'ingegneria del software da una squadra di sviluppatori.
Esistono circa 2500 linguaggi di programmazione più o meno noti e diffusi. Questi in primis vengono classificati, a seconda del livello di astrazione a partire dal linguaggio macchina fin verso il linguaggio logico umano, in linguaggi a basso livello e ad alto livello. Normalmente i linguaggi vengono poi distinti in tre grandi famiglie basate sul paradigma di programmazione di riferimento (Da Wikipedia: Linguaggi di programmazione): 
  • imperativi: le istruzioni sono comandi espliciti, che operano su una o più variabili oppure sullo stato interno della macchina, e vengono eseguite in un ordine prestabilito. Scrivere in un linguaggio imperativo significa essenzialmente occuparsi di cosa la macchina deve fare per ottenere il risultato che si vuole, e il programmatore è impegnato nel mettere a punto gli algoritmi necessari a manipolare i dati;
  • funzionali: basati sul concetto matematico di funzione, l'assegnazione esplicita di valori risulta addirittura completamente assente e si utilizza soltanto il passaggio dei parametri;
  • logici: l'istruzione è una clausola che descrive una relazione fra i dati: programmare in un linguaggio logico significa descrivere l'insieme delle relazioni esistenti fra i dati e il risultato voluto, e il programmatore è impegnato nello stabilire in che modo i dati devono evolvere durante il calcolo. Non c'è un ordine prestabilito di esecuzione delle varie clausole, ma è compito dell'interprete trovare l'ordine giusto.
Per concludere, ecco il link ad una lista di tutti i linguaggi di programmazione esistenti.

Curiosità - Sistemi di scrittura #2


Evoluzione di alcuni pittogrammi cinesi
  • La scrittura cinese è perlopiù logografica: ad un segno corrisponde una parola, ma non necessariamente la sua pronuncia, quando si studia cinese bisogna imparare carattere e pronuncia insieme. Molti dei caratteri cinesi però sono anche formati da “caratteri più piccoli” che hanno puro valore fonetico, e quindi possono aiutare con la pronuncia. Un’altra caratteristica interessante dei caratteri cinesi è quella dei pittogrammi: una piccola categoria di caratteri che sono nati come pure espressioni simboliche di un concetto.
  • L’arabo viene scritto con una sorta di alfabeto detto abjad, che non è altro che un alfabeto consonantico, dove le vocali vengono solitamente omesse. L’omissione delle vocali è una costante delle lingue semitiche, come l’ebraico e persino l’egizio antico.
Abjad arabo con vocali
  • Il sistema di scrittura egizio antico è estremamente complesso e mette insieme segni fonetici a segni logografici (come quelli cinesi).
    I geroglifici egizi hanno connotati sia fonetici sia semantici. Per esempio il simbolo per “coccodrillo” è l’immagine di un coccodrillo unito al suono msh.
  • Il sistema di scrittura coreano, l’Hangul, è un vero e proprio alfabeto fonetico creato su iniziativa del re Sejong il Grande tra il 1443 e il 1444. Prima di allora il coreano veniva scritto mediante i caratteri cinesi, che però mal si prestavano a rappresentare con esattezza tutti i suoni della lingua e la loro difficoltà non aiutavano l’analfabetismo che dilagava nel Regno. Si creò quindi un nuovo alfabeto fonetico estremamente semplice, dove ogni consonante si lega ad una vocale per creare una combinazione tra caratteri.
Possibili combinazioni di caratteri in Hangul
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Per approfondire:

Parte uno:

Curiosità - Sistemi di scrittura #1


Ecco, in breve, una rassegna di alcuni dei tantissimi sistemi di scrittura utilizzati al mondo:
Alfabeto cirillico
  • La lingua fenicia, come le altre lingue semitiche (arabo ed ebraico), veniva scritta da destra a sinistra e non segnava le vocali. Le vocali furono subito aggiunte dai greci e poi riprese dai latini, mentre entrambi inizialmente adottarono lo stesso senso di scrittura da destra a sinistra per poi cambiarlo, rigirando letteralmente i segni in modo speculare. Nell'alfabeto inglese le lettere "W" e "J" furono introdotte solo nel Medioevo dagli anglosassoni per rendere quei suoni germanici che non avevano un corrispettivo latino.
  • San Cirillo nell’862 diede vita all’alfabeto glagolitico, il primo alfabeto usato dalle civiltà slave. L’alfabeto cirillico, che ne porta il nome, è stato in realtà creato circa un secolo più tardi dai seguaci del santo sulla base di quello glagolitico e di quello greco.
  • Nel sub-continente indiano, nonostante siano parlate lingue indoeuropee, molte di queste sono scritte con un abugida, un sistema costituito da segni che indicano insieme sia una consonante sia una vocale. L’abugida più conosciuto è senz’altro quello devanagari, usato in diverse lingue dell’India tra cui hindi, marathi, sanscrito e nepalese, nelle quali per esempio non esistono segni che rappresentino la consonante k, ma, ad esempio, l’intera sillaba ka (क), dove la -a non è segnata nel simbolo ed è pertanto detta vocale inerente. 

Le sillabe comincianti per t- in Devanagari
  • Un sillabario vero e proprio lo troviamo nel giapponese. Possiamo tutti notare che la maggior parte delle parole giapponesi è costituita da vocale + consonante, a questa caratteristica della loro lingua i giapponesi hanno adattato un sistema sillabico dove ogni segno corrisponde ad un’intera sillaba, ma non c’è nessuna similarità grafica sistematica tra caratteri che condividono una comune consonante o suono vocalico. Questo è solo quanto riguarda il sistema katakana, perché in realtà la lingua ha ben tre sistemi diversi (al katakana si aggiungono l’hiragana e il kanji).

    Sillabario Katakana
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Per approfondire:

Parte due: